giovedì 28 agosto 2014

ditevi sempre buonanotte


"Io ti accompagno però sappi che non ballo, non ci pensare nemmeno."
Lui l'ha messo subito in chiaro, però lo sai come sono fatta, io ci sono voluta andare lo stesso.

"Mi basta sentire la musica insieme a te" gli ho detto. 
E l'ho visto che un sorriso gli è scappato, anche se provava a trattenerlo.

E' così testardo che si è messo seduto con quel broncio soltanto suo.
Non che gli altri non abbiano mai il broncio, ma solo lui ce l'ha in quel modo lì.
Penso di amare anche quello. E' per questo che sono fregata.

Quando si avvicinavano a chiedergli perché non andassimo in mezzo alla pista, rispondeva che io non potevo, che la gamba mi faceva male. 
"Lei non può ballare, stasera" diceva senza il coraggio di guardarmi. 
Forse temeva di vedermi alzata in piedi a mostrare che le gambe malandate ce le hanno solo le bugie. 

Poi però è arrivata quella e gli ha strillato in un orecchio che un così bell'uomo non può stare seduto in disparte e l'ha afferrato per i polsi più velocemente del suo tentativo di resistenza. E del mio tentativo di incenerirla.

"Voglio ballare solo con te" mi ha detto.
Ed io un po' mi sono spaventata, perché non mi aspettavo che tornasse indietro subito.
"E la mia gamba?"
"Le gambe guariscono quando si balla insieme."

Ed è proprio vero, sai. Guarisce tutto quando si balla insieme."



Smette di parlare, perché le parole alcune cose non sanno proprio dirle.
Smette di parlare, ma io vorrei solo che non smettesse.

Mia nonna ha ottantatré anni. 
Ne aveva venti quando mio nonno l'ha incontrata per la prima volta e ha deciso che voleva incontrarla ogni giorno.

"Nonna, ti prego, dimmi il vostro segreto."

"Ditevi sempre buonanotte, tesoro. Anche quando siete arrabbiati e di parlare non avete voglia.
Non addormentarti senza avergli augurato buonanotte."



mercoledì 20 agosto 2014

sei anni


Che poi uno non se ne accorge di quel tempo che si infila ovunque, come il vento forte che entra dentro casa e canta, gonfio di vita. 

Anche il tempo fa così, lascia i suoi segni di musica sulla pelle e sui pensieri. 
E dentro lo stomaco, anche. 

Pezzi di tempo ovunque, come dopo la tempesta. 
Pezzi di tempo che non te ne eri accorto ma sono diventati pezzi di te, che un giorno ti guardi allo specchio e, santo cielo, sei sempre stato così? 
Sei cambiato, per fortuna. Sei rimasto te stesso, per fortuna.

Ed è come quando sei piccolo e segni le tacche sul muro, oggi la tacca è più alta di ieri e sorridi.

Voglio essere quel muro su cui segnare quanto cielo vuoi raggiungere. 
Quanto ne hai già raggiunto. 

Voglio togliere i pezzi di tempo impigliati fra i tuoi capelli e mostrarteli.

Vedi come brillano?

Come il tempo che è il nostro tempo di ricordi ma anche, sempre, di progetti.

Come il vento dentro la casa quando la casa è il posto più sicuro al mondo. 
Perché dentro ci siamo noi.

Come le nostre mani che si trovano, anche quando fa freddo e stanno nascoste nelle tasche.
Come le nostre mani che sono piene di tempo e di vento e di casa. 
Piene di Amore.



martedì 12 agosto 2014

dimmi che capelli hai e ti dirò chi sei

Da bambina mia mamma mi tagliava i capelli corti e io non volevo.
"Li voglio lunghi lunghi, mamma. Come le principesse."
Ma a mia mamma le principesse non stavano tanto simpatiche e mi ripeteva che la praticità è la sorella intelligente della vanità. 
Mia mamma è così bella. 
Solo che la vita le ha tagliato i capelli da principessa e le ha detto di essere cavaliere senza macchia e senza paura. 

Fatto sta che io odiavo i capelli corti, ancora di più durante l'adolescenza. Quando i miei boccoli sono diventati un groviglio crespo.
"Ciao, cespuglio!" 
  
Mi ero fatta una promessa solenne, i capelli mi sarebbero arrivati fino a terra. 

Così è stato, infatti. 
Magari non fino a terra, ma i capelli lunghi sono diventati i Miei capelli lunghi.
"Ah, sì. Lei. Quella con i capelli lunghi." 




"Tagliali corti. Tagliali tutti, per favore."

Non so perché, davvero. Forse sono impazzita. Definitivamente, intendo.
Forse un agguato della mia mancanza di autostima che ha voluto rafforzarsi ancora.
Forse volevo rivedere la Me tredicenne, magari riesco a farci pace.

Volevo guardare la pesantezza mentre cade per terra, lontana da me. 
Volevo guardare come è semplice, in fondo.  

Volevo travestirmi da cavaliere senza macchia e senza paura. 
Chissà se funziona. 

domenica 10 agosto 2014

Peter

Va bene. 
Io di sicuro con Peter ho dei trascorsi.
Se sento parlare di lui, ancora le gambe mi diventano budino. 
Al caramello con cuore di cioccolata, più precisamente.

Ho incontrato per la prima volta la sua storia, raccontata da James M. Barrie, a nove anni. Forse anche meno.
E mi sono innamorata. 
Di uno che, per sua natura, non sa amare. Ovvio. Story of my life.

Ma io lo sapevo che un giorno sarebbe venuto a prendermi. Lo sapevo con una certezza quasi scientifica. 
Tanto che la finestra, quella piccola con le imposte di legno verde, non rimaneva chiusa nemmeno per una notte. 
E questo ancora oggi per molto tempo.

Ragazzina un tantinello squilibrata? Sicuramente.

Ed ecco perché imbattermi in questo video è stato IL MALE.







Dico solo che Wendy, in confronto a me, ha avuto una reazione pacata.

Ho pianto come se Peter Pan fosse stato davanti a me e mi avesse chiesto di seguirlo sull'isola. 
Ho fatto vedere questo video a tutti quelli che conosco e, ogni volta, mi partono i brividi dalla pancia. 
Penso che non accetterò mai una proposta di matrimonio diversa da questa.

E mi chiedo perché l'amore non possa essere così tutti i giorni. 

Dicono che ci si annoierebbe, a lungo andare. Che si perderebbe il senso della straordinarietà, perché lentamente comincerebbe a vestirsi come l'ordinarietà.
E, a quel punto, chi le distinguerebbe più?
Ma io non credo che questo varrebbe per me. Davvero. 
Non mi stancherei mai, io.

E poi, chi lo dice che straordinario e quotidiano siano incompatibili?
Magari se si incontrassero dentro ad ogni giorno, se solo si conoscessero meglio, finirebbero per innamorarsi perdutamente l'uno dell'altro.


giovedì 7 agosto 2014

la faccia della medaglia

Lui é un nostro amico.
L'età esatta non la so. Non ricordo, non ha importanza.
Il viso è giovane, questo lo so.

Quanta vita ti è passata sulla pelle? Ancora poca, o forse  la barba nasconde bene.

Lui è ciò che tutti, almeno per un istante, abbiamo desiderato essere.
Chi più e chi meno, certo.
Ma non c'è stato banco di scuola che non abbia sentito, almeno una volta, quel pensiero di rivoluzionaria libertà posarsi fra le pieghe del suo legno consunto.

Lui  ha messo lo stesso vestito ai suoi sogni, alla sua vita e al suo lavoro.
E viaggia. Viaggia da una parte all'altra del mondo.
Viaggia così tanto che i suoi occhi non sono abbastanza per accogliere tutto quel mondo e allora usa una macchina fotografica.
E proprio quella macchina fotografica è sogno, vita e lavoro insieme.

Lui non conosce la fatica di stare sotto a un capo.
Le pareti del suo ufficio sono di cielo.
Le settimane di vacanza non hanno un numero prestabilito.
Non conosce la frustrazione di orari a scandire le giornate.

Lui è una sorgente d'eterna giovinezza da cui attingiamo a piene mani ogni volta che, come ieri sera, viene a trovarci e ascoltiamo incantati  i suoi racconti e divoriamo le sue foto, come se potessimo sentire fin dentro lo stomaco il sapore di quella vita.
Così diversa dalla nostra.

Ma c'è anche un'altra faccia, come tutti i medaglioni d'esistenza che ci portiamo al collo.
Ed è quella dei legami. Che non ci sono.
O forse, per ora, non ci possono essere in quella che, vista da altra angolatura, é una fuga continua.
Un'ansia di partire che taglia le radici .
Un sorriso incontrato in India, un occhio in Cina.
Quei capelli In Perù.
Pezzi, che non trovano unione. Che non diventano il porto sicuro a cui tornare.

Allora mi sono chiesta se anche noi per lui non fossimo una fonte segreta con cui dissetare una parte di sé sempre assetata.

Me lo sono chiesta mentre ascoltava i nostri racconti di quotidianità e rideva di quella risata che avvolge tutto e ti ritorna dentro, arricchita.
Me lo sono chiesta mentre abbracciava mia figlia stringendola un attimo di più, un attimo ancora.

Me lo stavo chiedendo quando, durante la cena, con un entusiasmo riservato ai grandi eventi della vita, la piccola di casa gli ha tirato con vigore una manica urlando:
"guadda guadda! fatto tutta cacca!!"
Mentre gli sventolava sotto il naso un vasino pieno di orgoglio e non solo.

Ogni mia domanda è impallidita.
Ma niente in confronto al pallore tendente al verde militare assunto dal viso del nostro amico.



venerdì 1 agosto 2014

Sirene incantatrici

Ciao, qual è il tuo talento?
Farmi irretire dalle sirene della nullafacenza.
Brava, complimenti.

Una mattina libera. Capisci che non ti accadrà mai più, sì?

Dovevi approfittare di questa occasione in via d'estinzione e abbuffarti di pagine di carta, fragranti e profumate.

Avere, per una volta, la possibilità di  studiare ad un orario diverso da mezzanotte è quasi un regalo, di quelli preziosi.

E infatti mi sono seduta e ho aperto il libro.
Ma poi ho incontrato il concetto di Bildung e volevo approfondirlo, allora ho fatto una ricerca e dopo quella un'altra ancora.
Come Alice nel Paese delle Ricerche Infinite, mi sono ritrovata a inseguire parole nuove che ho scritto sul motore di ricerca e fra i risultati che sono usciti, non so come, c'era qualcosa che mi ha ricordato te.

Ciao, mio spazio.
Sei ancora qui, anche se ti avevo detto di non avere tempo per te.
Anche se sono caduta nelle pozzanghere dell'incostanza. Quelle che sporcano di fango il vestito nuovo, proprio il più bello.
Anche se le cose da fare sono troppe e allora i pezzi si sparpagliano e poi non li trovi più.

Come sono disordinata, me lo dicono sempre tutti.

Ma quanto mi mancava questo posto. Dove posso disseminare le cose ovunque, ma non perdo niente.
Dove le parole mi escono dalle dita e si appiccicano qui, e mi aspettano.
E mi ricordano quante cose sono cambiate.
E quanto, in fondo, non è cambiato nulla.

Ciao, mio spazio.




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