sabato 2 marzo 2013

una notte di mezzo inverno


Mezzanotte e mezza, mercoledì sera.

Il buio si alterna a luci accecanti.
Sembrano tentare inutilmente di afferrarsi durante una corsa troppo veloce, per entrambi. 

Ci sono uomini troppo vecchi vestiti di atteggiamenti troppo giovani che ridono e la loro risata è stonata, come quel buio e luce che si inseguono. 

I loro sguardi divorano gambe scoperte di ragazze che ballano sui tavoli, con gli occhi chiusi. 
Come se, non guardando, potessero lasciare all'immaginazione il compito di vedere una realtà migliore. 

"I minorenni non sono ammessi, qui dentro." 

Ha i bottoni della camicia che ci provano a non schizzare via, ma la spinta di quella pancia troppo in fuori lascia presagire che, fra poco, esauriranno ogni forza. 

La testa è calva, come il suo sorriso. 

Ma non sta affatto sorridendo mentre ci parla.




Quattro ore prima.


"Ma perché, perché non stai mai al tuo posto quando serve?" 

Sono davanti allo specchio a litigare con la mia frangia. 

Fra mezz'ora mi verranno a prendere i miei amici del liceo.

E' la prima volta che esco la sera, da quando la piccola è nata. 
E' passato davvero troppo tempo e invece che gioire mi rigiro fra le spire dell'ansia da prestazione.

Ho un'ansia per ogni occasione, sono fortune.


Penseranno che sei noiosa, ingrassata, con la faccia gialla e a tratti verdognola, con le occhiaie a disegnarti gli occhi al posto del trucco. Penseranno che i tuoi capelli sono una massa informe, che la tua vita è una massa informe. 
Penseranno che sei una persona diversa, troppo diversa, troppo lontana. 
Non vorranno vederti più. 

Basta! Stai zitta, stupida ansia. Voglio solo riuscire a prepararmi in santa pace. 

Ma se sei così patetica da aver cucinato dei biscottini per tutti, rischiando anche di perdere un dito mentre tagliavi a scaglie il cioccolato, e li hai pure incartati facendone tanti sdolcinati pacchettini. 
Credi che ti accetteranno solo perché fingi di essere la Nonna Papera di turno? Ridicola. 

Ok, basta. Non esco. Ora li chiamo e dico che sto male.

"Amore. Fai tacere la testa e muoviti. Smetti di fare la catastrofista. Stai solo uscendo con degli amici."

Per fortuna esiste Lui.


Alle nove, suona il campanello.

Nell'ordine, Lui si ustiona una mano con la teglia del forno, la piccola scoppia in lacrime inarrestabili. 

"Ok, non esco. Non posso lasciare te senza una mano e lei che piange. Sono una madre degenere. Una persona degenere." 

"Esci da questa casa o ti butto fuori io."


E così, mi ritrovo fuori casa.

Mi sento inadeguata, entrando in una pizzeria piena di gente e musica fatta di parole e risate leggere. 
Mi sento goffa, come se avessi tre anni e stessi tentando di infilarmi i tacchi di mia madre.

Lentamente, però, comincio ad ambientarmi e l'ansia scivola via, perché la felicità proprio non la può sopportare.
  
Ed io sono felice di essere qui.

Sono felice perché è bello ritrovarsi, aggiornarsi con l'entusiasmo delle cose da dirsi che sono troppe e le parole troppo piccole per farci stare dentro tutto. 

E' bello pensare che diventare madre non sottragga niente alla propria essenza. Ed, anzi, aggiunga. 

Io sono madre, e mi brilla la voce mentre lo dico. 
Ma sono ancora me stessa. Con tutto il positivo e il negativo che questo comporta.

E' bello sentire anche la mia risata unirsi alla musica delle altre.


E' mezzanotte passata quando usciamo da quella pizzeria ed io sono troppo entusiasta per tornare già a casa.
Decido quindi di salire in macchina con due amici alla ricerca di una birreria, per finire di scambiarci i pezzi di quel tempo che abbiamo trascorso distanti. 

Ma il mercoledì sera ha una certa età e gli piace andare a letto presto, avvolto in una copertina calda. 
Per questo, è difficile trovare qualcosa di aperto dopo la mezzanotte e in breve tempo ci ritroviamo a girare senza meta.

"Ehi, guarda lì, fuori da quel bar ci sono alcune persone. Magari è ancora aperto. Fermiamoci, dai!" 

"Ma sì, dai, è carino da fuori. Tutto dipinto di verde, sembra la casetta dei folletti."

La casetta dei folletti, proprio.

Mentre entriamo, quel posto si toglie l'impermeabile da casetta e ci mostra i suoi vestiti succinti da locale notturno. 
Ma, ancor prima di realizzarlo, il proprietario ci si piazza davanti scambiandoci per minorenni. 
Chissà se a farglielo credere sono le nostre facce sbigottite o i miei jeans che evidentemente cozzano con la fauna di mini-mini-minigonne circostanti.

Non siamo stati troppo a chiedercelo e siamo corsi fuori, ridendo, perché ci capitavano sempre delle avventure improbabili, anche quando uscivamo insieme ai tempi del liceo. 
E ne ridevamo, la mattina seguente, seduti sui banchi di scuola, per allontanare la paura dell'interrogazione che ci sarebbe stata di lì a poco. 

E adesso invece ne rido mentre torno a casa, da mia figlia. 
E qualcuno mi ha appena dato della minorenne. 
A me, che fino a poche ore fa, non mi ricordavo più neanche la faccia della giovinezza. 

8 commenti:

  1. I figli non sono mai limiti, sono solo opportunità, anche quella di capire che certi posti sono sempre stati squallidi e chi ci va e' spesso patetico. :-)))

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    1. Concordo con te su tutto (come spesso accade :-))!!!

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  2. Già sei giovane di tuo (quindi non trattare male lo specchio, ricordati che è fatto di fiori delicati, te l'ho appena detto nel commento al post precedente), ma evidentemente il tuo corpo, il tuo viso hanno ancora quella poesia tipica dei bambini quando dicono «eccomi, ci sono anch'io!» Non importa dove ti hanno portato, cara, non importano i jeans o la minigonna: sono certo che tornando a casa dietro di te si accendevano tante piccole stelle che, aprendo la porta, sono corse ad abbracciare la tua piccola (spero) addormentata. E per una volta, sicuramente, gli animali notturni, grazie alle tue stelle, hanno confuso il cielo con la terra.

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    1. Quella fra me e Specchio è una lotta dichiarata, senza esclusione di colpi...ma, chissà, magari un giorno impareremo a volerci bene :-)
      Grazie perché sono le tue parole che spesso accendono scie di stelle!

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  3. Hai visto? Hai visto? Ti butti sempre giù quando sei meravigliosa, dolce piccola mammina :-)!! Il confronto con gli altri ci riporta a guardare le cose dalla giusta prospettiva; è bastata una serata e ti sei rivista giovane, allegra e carina...come sei realmente!! Ti abbraccio forte

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    1. Adoro che tu riesca a vedere sempre il lato positivo di cose...e persone! :-) Un abbraccio fiorito

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  4. "E' bello pensare che diventare madre non sottragga niente alla propria essenza". È così che ti fa sentire la maternità: privata di te stessa ? Sei tanto giovane, tesoro, posso immaginare che tu ti senta deprivata della tua vita, un po' prigioniera non solo delle quattro mura di casa ma di una condizione che ti sta stretta. L'ho vissuta anch'io quella sensazione. Ma abbi fede, vedrai che l'essere madre farà sbocciare completamente la donna che c'è in te

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    1. Lo so, è una sensazione che sto scoprendo lentamente. Nonostante stravolgimenti, cambiamenti incredibili fino a poco tempo fa, nonostante la mia vita sia totalmente diversa, mi rendo conto che mia figlia ha migliorato la mia essenza. Anche solo per il fatto che, vederla crescere, fa sembrare ogni giorno un giorno a suo modo unico e prezioso.

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